Il Prezzo del Tempo: Ciò che il Pubblico Paga Davvero

Immagine reperita da: Tragicomico


Puoi ingannare gli occhi, ma non il tempo che rubi al tuo pubblico.


Cari lettori, ben ritrovati. Siamo arrivati all’ultimo sabato del mese e, come da tradizione, desidero condividere con voi alcune riflessioni. Per questa volta metterò da parte la storia della letteratura magica: ogni tanto è bello concedersi una pausa, allargare lo sguardo e rendere questo spazio un po’ più variegato, senza sentirsi obbligati a restare ancorati a un solo argomento. L’arte, in fondo, è un universo talmente vasto da offrire infiniti spunti e percorsi da esplorare.

Nelle righe che seguono toccheremo brevemente due temi che mi stanno particolarmente a cuore: il valore del condividere il proprio tempo e l’importanza di costruire uno show realmente efficace. Due argomenti diversi, ma uniti da un filo comune: il focus, la capacità di concentrare energia, attenzione e intenzione.

Se uno di questi spunti dovesse incuriosirvi e desideraste un approfondimento più ampio, potete farmelo sapere nei commenti o scrivermi direttamente fraillusioneerealta@gmail.com.

Mettetevi comodi: buona lettura.

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Il valore di donare il proprio tempo.
Vorrei partire proprio da qui: dal tempo. Chi segue questo blog da un po’ sa quanto io sia profondamente legato a questo tema e quanto lo consideri fondamentale, non solo nella vita ma anche nell’arte e nello spettacolo. Prima di proseguire, vi lascio il link all’articolo in cui ho approfondito questo argomento e che, a mio avviso, resta uno dei più significativi che abbia scritto. Dopo averlo letto, potete sempre tornare qui per proseguire la lettura.


Spesso ci sentiamo ripetere frasi come: “Se avessi avuto più tempo…”, “Scusami, oggi non ho tempo”, “L’avrei fatto meglio, ma non avevo tempo”, “Sarei passato a salutarti, ma ero di fretta”. Sono frasi talmente diffuse da sembrare normali, quasi innocue. In realtà hanno tutte un tratto in comune: la falsa gentilezza.

Sono, a conti fatti, scuse dell’ultimo secondo. Parole pronunciate per addolcire una verità molto più semplice e molto meno elegante: non volevano condividere il loro tempo con voi. E spesso vengono usate come giustificazione anche per le proprie mancanze, come un cerotto emotivo per non affrontare il senso di colpa.

Il punto è che mentono a voi, certo, ma prima ancora mentono a sé stessi. Perché “autoassolversi” è più comodo che ammettere di non aver dato priorità a ciò che meritava attenzione. E’ giusto sentirsi in colpa quando dedichiamo poco tempo a qualcosa che conta. È giusto provare quella puntura di fastidio, quella critica che brucia quando qualcuno ci dice: “Se ci avessi lavorato di più sarebbe venuto meglio”.

Credo che tutto ciò che nasce dalla fretta, dall’immediatezza e dalla superficialità sia, senza mezzi termini, stupido. Le cose importanti richiedono fatica, presenza, dedizione, focus. Serve perderci tempo, davvero. Perché l’attesa, lo sforzo e la cura rendono la soddisfazione finale infinitamente più intensa. E quel complimento, soprattutto se arriva da qualcuno che stimiamo, acquisisce un valore che non avrebbe mai avuto se fosse frutto di un lavoro affrettato.

Il tempo è la misura del valore che attribuiamo alle cose. E chi non è disposto a donarlo… semplicemente non dà valore.

Questo discorso non vale solo nell’ambito professionale, ma tocca anche la sfera più intima della nostra vita. Pensiamo, ad esempio, a una relazione di coppia: se qualcuno mi chiedesse cosa apprezzo davvero in una relazione, risponderei senza esitazione il tempo condiviso. Sapere che una persona sceglierebbe di dedicarmi parte del suo tempo anche in mezzo a giornate piene, a impegni lavorativi pressanti, a una vita frenetica sarebbe per me un gesto dal valore immenso.

Ricordiamolo, cari lettori: il tempo è l’unico bene che non può tornare indietro. Il denaro va e viene, il tempo no. E vale per tutti, indistintamente. Anche i grandi personaggi del passato, coloro che hanno scritto la storia e influenzato la nostra vita quotidiana, avevano esattamente le stesse 24 ore che abbiamo noi. La differenza? Le hanno investite in modo diverso, più lucido, più intelligente.

La gratitudine non nasce solo dai complimenti ricevuti per un lavoro ben fatto. Diventa ancora più profonda quando sappiamo di aver creato qualcosa nonostante altri impegni importanti, che richiedevano la stessa energia, la stessa attenzione, la stessa dedizione.

E quando riusciamo a fare questo portare avanti più responsabilità senza rinunciare alla qualità allora sì, possiamo davvero dire di avere un’ottima gestione del tempo.

Quando affermo ciò che ho scritto nel paragrafo precedente, è perché per primo mi sono trovato in situazioni molto simili. Solo tre settimane fa mi sono ritrovato a gestire eventi comunali, a seguire un corso formativo in cui ricoprivo il ruolo di docente e, contemporaneamente, a preparare una performance per un concorso di close-up.

Sapete cosa ho fatto? Ho lavorato senza sosta: iniziavo la mattina e finivo… la mattina successiva, dormendo qualche ora sulla sedia del mio ufficio. E, nonostante tutto, qui sul blog non è mai mancato un nuovo articolo; i miei social hanno continuato a pubblicare contenuti; il flusso creativo non si è mai fermato.

Questa, per me, è gestione maniacale del tempo. Certo, sarebbe stato facilissimo sospendere per qualche giorno le pubblicazioni o scrivere un post per annunciare una pausa. Ma ho scelto di non farlo: erano solo settimane più pesanti del solito, e sapevo di poterle affrontare.

Nel frattempo non ho trascurato nemmeno i miei clienti privati, che mi richiedevano spettacoli e performance. Ho continuato a esserci, perché quando si dà valore al proprio tempo e al tempo degli altri si trova sempre il modo di farlo rendere al massimo.

Il rispetto verso il prossimo attraverso lo spettacolo
Ed è proprio da qui che mi collego agli spettacoli. Qualcuno, a questo punto, si starà chiedendo: “Ma cosa c’entrano le serate con il tempo e con tutto ciò che hai detto finora?”
Ve lo spiego subito.

Per capire ciò che sto per dire, però, serve ampliare un po’ la prospettiva e prestare attenzione a dettagli che, proprio perché sembrano scontati, spesso diventano invisibili.

Partiamo dall’inizio:
Un cliente dedica il suo tempo per cercare il vostro contatto.
Poi dedica altro tempo per telefonarvi, per informarsi, per capire meglio cosa proponete e cosa offrirete nel vostro spettacolo.

Sono due passaggi fondamentali che, ne sono sicuro, molti di voi non considerano davvero. E invece prendere a cuore questi dettagli significa una cosa sola: rispettare sinceramente il tempo degli altri.

Io non vorrei mai essere una perdita di tempo per nessuno.
Per questo, ogni volta che qualcuno mi contatta, nel 99% dei casi chiudo la chiamata con un cliente già soddisfatto, ancora prima di parlare di cachet o della serata. Solo grazie alla cura che metto nelle mie spiegazioni e nel valore che do al tempo che mi ha dedicato.

Poi, certo, arriva il giorno dello spettacolo. E qui vedo sempre più persone concentrate in modo quasi compulsivo sulla tecnica: ore, giorni, mesi a volte anni spesi per rendere un movimento invisibile, una manipolazione “pulita”, un passaggio perfetto.

Ma quasi nessuno dedica un minuto a chiedersi:
“Che cosa voglio trasmettere a chi mi guarda?”
“Che cosa desidero lasciare di me?”
“Ricorderanno ciò che sto facendo tra vent’anni?”

La risposta?
Un NO grande come una casa.

Perché quasi nessuno ci pensa davvero. Oggi l’unica ossessione sembra essere la tecnica, come se il pubblico dovesse accorgersi di quelle ore infinite di esercizio. Ma sapete una cosa? Il pubblico non vi dirà mai nulla sulla tecnica. Perché? Perché non paga un cachet per qualcosa che, paradossalmente, non vedrà mai davvero.

Allora cosa sta pagando, in realtà?
Volete saperlo davvero?

Il pubblico paga le emozioni, l’esperienza.
Paga ciò che voi dovreste essere in grado di trasmettere attraverso lo spettacolo. E, soprattutto, non paga per provare emozioni che non appartengono davvero a voi.

E questo ci porta al problema più diffuso di oggi: sempre più performer che emulano o, più onestamente, scopiazzano giochi, battute, stili, outfit di artisti già affermati. Il risultato? Non rimane nulla di vostro. Zero.

E se non c’è niente di autentico, non stupitevi se il pubblico si dimentica di voi in ventiquattro ore. Perché non avete lasciato un segno vostro, solo l’eco sbiadita di qualcun altro.

Uno spettacolo davvero sano, oltre a numeri suggestivi e piacevoli da vedere, richiede essenza. La vostra essenza. Dovete mostrare al pubblico chi siete, quali emozioni vi muovono, cosa vi portate dentro. Non ciò che vorreste essere, non un copione che non vi appartiene.

In scena dovete fare ed essere voi stessi. Raccontare la vostra storia, non quella degli altri. Solo così il pubblico potrà affezionarsi davvero. Perché e questo molti performer faticano ancora a capirlo al pubblico non interessa solo ciò che fate, ma soprattutto chi siete.

Se qualcuno vi richiama, non lo fa per quel gioco costoso che avete acquistato. Vi richiama perché si è affezionato a voi, perché avete creato un legame autentico con quella persona… o con quel bambino che vi ha guardato con gli occhi pieni di stupore.

Mi è capitato più volte di essere richiamato dagli stessi clienti. Per correttezza, ho sempre avvertito che avrebbero rivisto lo stesso spettacolo. Sapete cosa mi hanno risposto?
“Ti chiamiamo certo per ciò che fai, ma soprattutto per ciò che sei.”

Qualche anno fa non avrei saputo cosa dire. Oggi so bene cosa rispondere: gratitudine, sincera e profonda.

Tutto questo si traduce in un principio semplice: uno spettacolo deve essere il più autentico possibile. Deve lasciare al pubblico un’emozione vera, qualcosa che li accompagni sulla strada di casa e che li faccia sentire arricchiti, diversi da quando sono usciti di casa. Devono potersi dire: “Ne è valsa la pena. Sono felice di essere stato lì.”

La gente, contrariamente a quanto spesso si pensa, è incredibilmente generosa e sa dare fiducia, soprattutto quando si tratta di un artista. Diciamolo chiaramente: quando leggono su una locandina “Questa sera grande spettacolo di magia”, o di qualunque altra arte scenica corrono. E corrono ancora di più se hanno dei bambini con sé.

Questo significa che spesso davanti a voi ci saranno persone che non vi hanno mai visto prima, ma che hanno scelto di fidarsi. Ecco perché è fondamentale lasciare a ciascuno di loro un’emozione forte, una sensazione di piena soddisfazione.

Perché se questo non accade, dobbiamo dircelo senza girarci intorno: avete rubato cinquanta minuti di tempo a dieci, venti, trenta, magari cento persone. E il tempo è il bene più prezioso che possediamo.

Vi saluto e vi ringrazio sinceramente per il tempo che mi avete dedicato. Il nostro prossimo appuntamento è sabato prossimo: non mancate!

Con affetto e stima.

-KID-

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